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Social Media al fronte: la mobilitazione digitale

L’invasione dell’Ucraina avvenuta in questi giorni ha dato origine a preoccupazioni, paure e discussioni significative che vedono la massima espressione all’interno delle homepage dei social media. Ma come stanno rispondendo questi alla guerra?

Finora il networking ci ha permesso di ottenere un grande aiuto per raggiungere i nostri obiettivi personali e lavorativi, in quanto protagonisti della comunicazione della maggioranza dei Brand esistenti. In questi giorni, però, le reti social cambiano veste, sovvertono le nostre abitudini e aumentano il loro livello di importanza sociale (non più solo digitale).

 

“Mi servono munizioni, non un passaggio”, risponde così il presidente ucraino Zelensky all’offerta di evacuazione fatta dagli USA al momento dell’attacco, una frase che diffusa sui social, ha richiamato a valori di fermezza e coraggio, capaci di muovere l’Ucraina verso una battaglia che non è intenzionata a perdere. Una battaglia ibrida, che si muove sempre più velocemente sul web e che ci coinvolge ogni giorno, ci informa, ci allerta e che ci fa quasi sentire scomodi all’interno della nostra comfort zone.

Proprio Zelensky ha fatto dei social i suoi ambasciatori, intensificando il loro uso e la loro mole comunicativa in modo esponenziale. Come? Attraverso una comunicazione diretta e continua con il suo popolo, una comunicazione vicina e paradossalmente, rassicurante. Ed è proprio questo che gli ha permesso di ottenere quella credibilità messa finora in dubbio durante il suo governo.

Dall’inizio dell’invasione, infatti, il presidente ha istituito un vero e proprio presidio su Twitter, pubblicando oltre 100 tweet per condividere le discussioni con altri capi di stato, chiedere aiuto e supporto agli altri paesi, diffondere informazioni utili e comunicare notizie direttamente dal fronte.

I social diventano, dunque, veri e propri attori di guerra. Si trasformano in uno scenario su cui condividere e trasmettere valori di libertà, ideali e principi di autodeterminazione, tutti mirati ad uno scopo comune: l’azione. Quella cruda, reale. In cui tutti siamo chiamati a combattere.

Infografica che spiega come gettare i molotov dagli edifici e dove farli arrivare per annientare i mezzi militari russi

Istruzioni su come preparare i molotov, pubblicate sul profilo Twitter del primo ministro ucraino.

Dall’altra parte la Russia ribatte con un fronte debole, non più credibile neanche ai suoi cittadini. Lo storytelling e il modello narrativo con cui l’ex stato sovietico veicola la comunicazione appare aleatorio, senza peso, soggetto bensì ad attacchi e forti critiche. Basti pensare ai grandi Brand, primi fra tutti sui social nel bloccare e penalizzare i contenuti russi, schierandosi dalla parte dell’Ucraina:

Ogni giorno lo scenario cambia e nuove e numerose voci si aggiungono al coro “no war”, influencer, cantanti, pagine di informazione e canali telegram. Individui con un forte seguito utilizzano la loro notorietà per diffondere notizie e aggiornamenti importanti, cambiando completamente il loro modo di condividere contenuti.

Feed Instagram di Factanza, si discute di attualità e informazione in modo diretto e giovane, in questo momento tutte le attenzioni sono concentrate sul conflitto.

Se da un lato però l’ “attività” degli utenti sui social aumenta, con essa, purtroppo, aumenta il livello di disinformazione o meglio, di misinformazione. Non è un parolone, ma un fenomeno che ci aiuta a capire ancora meglio cosa sta succedendo e di conseguenza, come agire adesso e in futuro. La misinformazione avviene quando una notizia fuorviante o falsa viene condivisa dagli utenti senza l’intenzione di ingannare o diffondere contenuti non veri. Dipende da noi dunque, scavare in fondo, informarci sulla veridicità degli eventi e assicurarci che le notizie apprese siano fondate.

 

Paola Nicolosi

 

 

 

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